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sabato 24 febbraio 2018

Legge per il riconoscimento del diritto alla vita e tutela animale

petizione
PROGETTO DI LEGGE per il riconoscimento del diritto alla vita e alla tutela dalla sofferenza anche agli animali ancora oggi destinati alla macellazione.

ART. 1) Si riconosce il diritto alla vita e alla tutela dalla sofferenza anche agli animali ancora oggi destinati alla macellazione.

ART. 2) E’ fatto assoluto divieto di macellare animali ancora coscienti. Chiunque procuri la morte di qualsiasi animale, anche nell‘esercizio della propria attività produttiva o nell’esercizio di una funzione religiosa, senza applicare rigorosamente un adeguato ed effettivo stordimento è punito con la reclusione non inferiore a 7 anni e con la multa da euro 70.000 a euro 700.000 in proporzione del numero degli animali non adeguatamente ed efficacemente storditi prima della macellazione o dell’uccisione.

ART. 3) La prova della macellazione ovvero dell’uccisione senza stordimento è data con qualsiasi mezzo e a tale fine deve essere consentito in qualsiasi momento l’accesso nei luoghi dove ancora si pratica la macellazione o l’uccisione nei riti religiosi da parte delle guardie zoofile o di delegati delle associazioni animaliste riconosciute.

ART. 4) E’ vietato maltrattare gli animali in qualsiasi modo. La pena prevista per chi maltratta qualsiasi animale è della reclusione non inferiore ad anni 7 e della multa da euro 70.000 ad euro 700.000 in proporzione del numero degli animali maltrattati.

ART. 5) E’ fatto assoluto divieto di tenere animali in gabbie e viene dato un termine massimo di giorni 20 dalla promulgazione della presente legge affinché gli allevamenti tutti procedano ad aprire le gabbie contenenti ancora gli animali e a farli ospitare in adeguati spazi con la densità massima di un animale ogni due metri quadrati. Il luogo dove gli animali soggiornano deve essere pulito, sin dal giorno della promulgazione della presente legge, almeno 3 volte al giorno. Le sanzioni prevista per chi disapplica le disposizioni di cui al presente articolo vanno dai 35.000 ai 350.000 euro in proporzione del numero degli animali tenuti ancora in gabbie ovvero degli animali mantenuti in luoghi non adeguatamente puliti e resi vivibili almeno 3 volte nell'arco delle 24 ore.

ART. 6) I titolari degli allevamenti devono inoltre garantire agli animali il contatto con la natura, ponendoli in libertà in campi vicini almeno una volta al giorno, pena il sequestro e quindi la chiusura dell’allevamento stesso.

ART. 7) Sono previste visite ispettive da parte di Veterinari e/o di rappresentanti o delegati delle associazioni animaliste ogni qualvolta questi ultimi ne facciano richiesta o semplicemente ritengano opportuno un loro accesso.

ART. 8) Si stabilisce il principio per cui gli animali, in quanto esseri viventi e non cose, hanno lo stesso diritto alla vita, alla felicità, al rispetto e alla tutela dalla sofferenza che hanno gli esseri umani.

ART. 9) Lo Stato e le Regioni promuovono, anche coordinatamente, la progressiva riduzione dei macelli presenti nella Repubblica, nonché il divieto di nuove autorizzazioni ad insediamenti atti allo scopo.

ART. 10) Lo Stato e le Regioni promuovono, anche coordinatamente, la progressiva riduzione delle macellerie presenti nella Repubblica, nonché il divieto di nuove licenze per aperture di nuove macellerie.

ART. 11) Lo Stato e le Regioni promuovono, anche coordinatamente, la diffusione nelle scuole e attraverso i mass-media di un modello alimentare vegetariano e/o vegano e di uno stile di vita più rispettoso della vita e dei diritti degli uomini e degli animali, modello e stile di vita che si ritengono più consoni alla nostra cultura e al nostro tempo.

ART. 12) OMISSIS

ART. 13) Viene istituito un fondo statale e un fondo regionale per i propositi di cui alla presente legge.

ART. 14) Le sanzioni irrogate nei casi previsti dalla presente legge (artt. 2, 4, 5 e 21) confluiscono tutte nel fondo statale di cui all’art. 13.

ART. 15) Viene incentivata con ogni mezzo la riconversione delle macellerie e degli allevamenti esistenti in attività aventi ad oggetto la produzione su larga scala di burger di soia ed altri alimenti proteici d’origine esclusivamente vegetale, quali il seitan e il muscolo di grano.

Art. 16) Si riconosce la detassazione per i primi 7 anni di attività ai nuovi insediamenti per la coltivazione e la lavorazione della soia e dei burger d’origine esclusivamente vegetale.

ART. 17) Si stabilisce la progressiva riduzione del numero degli animali allevati, in misura del 70% in rapporto all’anno 2010 entro la fine dell’anno solare di promulgazione della presente legge, riduzione documentata con il registro di cui all’articolo seguente.

ART. 18) Viene istituito un registro di carico e scarico degli animali destinati al macello. Ogni allevamento, ogni macello e ogni macelleria dovrà tenere costantemente aggiornato un apposito registro di carico e scarico per i propositi di cui all’articolo precedente.

ART. 19) Viene stabilita la totale deduzione dall‘importo imponibile, ai fini della dichiarazione dei redditi e dell’applicazione delle tasse, delle erogazioni destinate ad incrementare il fondo regionale ovvero il fondo statale di cui all’art. 13.

ART. 20) Ogni titolare di macelleria o responsabile del reparto carni dovrà presentare mensilmente alla Regione una denuncia del numero degli animali da macelleria acquistati, il cui numero dovrà essere, entro la fine del corrente anno, inferiore del 70% rispetto al numero degli animali acquistati nel 2010.

ART. 21) Viene fatto assoluto divieto di trasportare animali ancora vivi destinati al macello, pena la sanzione non inferiore ad euro 30.000.

ART. 22) Il fondo statale di cui all’art. 13 verrà inserito nel modello della prima dichiarazione dei redditi utile quale fondo istituito cui è possibile destinare l’8 per mille, stante l’importanza che riveste la promozione di un modello alimentare e di uno stile di vita rispettoso di tutti gli uomini e di tutti gli animali, modello e stile di vita che si ritengono più consoni alla nostra società e al nostro tempo.

ART. 23) Le norme di cui alla presente legge verranno inserite nel codice penale vigente, sotto il libro secondo, subito dopo il titolo XII – Dei delitti contro la persona, inserendo l’apposito titolo XII bis – Dei delitti contro gli animali.

mercoledì 21 febbraio 2018

Polveri sottili che causano malattie e avvelenano il pianeta

Polveri sottili che causano malattie e avvelenano il pianeta

Scritto da: Redazione Web Macro | Attualità e Cospirazione, Salute e Benessere
Polveri sottili che causano malattie e avvelenano il pianeta
Quello dell’avvelenamento del pianeta è un tema che dovrebbe stare a cuore a tutti. Infatti, che ci piaccia o meno, questo pianeta è l’unico che abbiamo ed è ora che iniziamo a tirare fuori la testa dalla sabbia e a prendere consapevolezza della gravità del problema.
Il nuovo libro di Stefano Montanari rientra in quest’ottica, quella di una presa di coscienza responsabile. Eccone alcuni assaggi interessanti.


Cosa sono le polveri sottili?

“Le polveri di cui noi ci occupiamo e che saranno le protagoniste di questo libro hanno quattro caratteristiche fondamentali: sono solide, inorganiche, insolubili nell’acqua e nei grassi e sono di dimensioni che vanno da qualche decina di micron giù fino ai nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro).
Non sempre, ma frequentemente, queste polveri sono eterne, almeno per il valore che ha questo aggettivo nella percezione comune di noi esseri umani. Qui eterno significa che, una volta prodotte, quelle particelle restano praticamente immutate poiché la natura non le degrada se non in tempi talmente lunghi da potersi considerare appunto una specie di eternità.
Sul concetto di solido credo non valga nemmeno la pena perdere tempo. Senza entrare in sottigliezze, inorganico si dice di una sostanza che non contiene carbonio, con le eccezioni del monossido di carbonio, dell’anidride carbonica, dell’acido carbonico e dei suoi sali quali, ad esempio, il bicarbonato di sodio o il carbonato di calcio. Venendo alle dimensioni, se si va a cercare sui manuali scientifici si troverà che una particella è nanometrica se la sua misura è compresa tra i 2 e i 200 nanometri (nm), altrimenti, a salire fino a qualche decina di micron verrà definita microparticella. Dal nostro punto di vista (che è quello relativo agli effetti sulla salute), può essere considerata nano una particella che sia più piccola di 1 µm".

Se queste polveri sono dappertutto e danneggiano la salute, perché non ci ammaliamo tutti?

"Più o meno lo stesso ragionamento faceva parte delle obiezioni, spesso feroci, che venivano lanciate in pieno Ottocento contro chi sosteneva l’ubiquità dei germi patogeni. Se è vero che questi germi sono dappertutto e sono causa di svariate malattie – sosteneva chi obiettava – allora dovremmo aver contratto tutti una serie lunghissima di patologie. Cosa che, evidentemente, non è.
Per ciò che riguarda le malattie di origine batterica o virale, cioè quelle su cui si dibatteva allora, bisogna tener conto del fenomeno chiamato polimorfismo, vale a dire la differenziazione che alcuni geni del DNA hanno di adattarsi per selezione naturale a determinate condizioni come l’incontro con agenti patogeni, attribuendo così all’organismo la capacità di reagire in modo difensivo contro quei potenziali portatori di malattia.
Poi va tenuto conto dei numerosi meccanismi di difesa di cui il nostro corpo dispone, vale a dire del sistema immunitario. Questo sistema è molto complesso e numerosi aspetti sul suo conto sono ancora da scoprire. È formato da un insieme di cellule e di sostanze chimiche prodotte naturalmente dall’organismo (mediatori chimici) che agiscono integrandosi reciprocamente e dispiegando azioni di difesa quando l’organismo viene a contatto con una potenziale minaccia”.
Approfondisci l’argomento leggendo Il Pianeta Impolverato, di Stefano Montanari
Potrebbe interessarti anche il DVD L’insidia delle polveri sottili

Curare i sintomi NUOCE GRAVEMENTE alla Salute !!!


Curare i sintomi NUOCE GRAVEMENTE alla Salute !!!


"Un medico è un uomo che viene pagato per raccontare fandonie nella camera del malato, sino a quando la natura non l'abbia guarito o i rimedi non l'abbiamo ucciso."

(A. Furetiére)



Per cura dei sintomi intendiamo gran parte dei medicinali e delle pratiche mediche attualmente in uso.





I medicinali che fanno passare la febbre, che alleviano il mal di testa, le infiammazioni alla gola o alle articolazioni, ma anche quelli che decongestionano le vie respiratorie o l’intestino e che calmano la tosse e persino la rimozione chirurgica di tonsille, appendice e cisti, sono tutte cure dei sintomi.



Questi sono solo alcuni esempi delle pratiche più comuni per i fastidi più banali, ma la lista sarebbe lunghissima e comprenderebbe patologie ben più gravi.



In pratica potremmo dire che tutta la moderna medicina (o quasi) si occupa esclusivamente della cura sintomatica e non si preoccupa minimamente della prevenzione o della rimozione dei problemi alla radice.



Anche quando si parla di esami preventivi in realtà si tratta di esami diagnostici che trovano o meno un determinato male (o presunto tale).



(Solo su quest’ultima affermazione si potrebbe parlare molto a lungo ma rischierei di andare un po’ fuori tema per approfondimenti comunque vi rimando a questo interessante video: Creazione di Malattie )



Curare i sintomi quindi non solo non migliora lo stato di salute, ma per assurdo potrebbe anche aggravarlo, anzi meglio togliere il condizionale:

Curare i sintomi aggrava la salute!



Questo accade per vari motivi il più semplice ed immediato è il seguente: curando i sintomi, non proviamo più un certo fastidio o  dolore e quindi non ascoltiamo più il nostro corpo che attraverso quel determinato dolore/sintomo voleva comunicarci qualcosa che non andava.



Quindi noi prendiamo la pillolina, il dolore passa e così possiamo riprendere la nostra vita, comprese le nostra cattive abitudini che ci hanno portato alla cosiddetta malattia, ancora più non curanti del male che ci stiamo facendo.



A questo punto però è necessaria qualche definizione ...



Innanzitutto bisogna dire che la cosiddetta malattia non è altro che una crisi tossiemica cioè un eccessivo accumulo di tossine (scarti metabolici).

La produzione di tossine è un fenomeno naturale risultante da diverse funzioni metaboliche.

In condizioni ideali, queste tossine vengono eliminate dagli organi emuntori (intestino, reni, fegato, polmoni e pelle).



Finché l'apporto di tossine resta nei limiti delle capacità di smaltimento di questi organi, facciamo esperienza di uno stato di buona salute.

Quando per diversi fattori fisici (dovuti all'ambiente, allo stile di vita, all'alimentazione), psicologici (stress) o emozionali si arriva ad una perdita della capacità di smaltimento (indebolimento), le tossine si accumulano e c’è la comparsa dei sintomi della malattia.



Quindi la malattia potremmo anche definirla come l’estremo tentativo dell’organismo di liberarsi delle tossine in eccesso.



In pratica quella che consideriamo malattia è in realtà un processo di Autoguarigione.



Dunque cosa succede quando noi con un farmaco blocchiamo i sintomi e quindi il tentativo estremo del nostro sistema immunitario di liberarsi delle tossine in eccesso?



Le tossine non vengono più eliminate e cosa peggiore non vengono eliminate le cattive abitudini (fisiche, psicologiche ed emozionali) che hanno causato l’indebolimento. Quindi le crisi si ripeteranno fino a diventare croniche e degenerare in qualcosa di peggio.



Infine, ma non meno importante, la cura dei sintomi delle cosiddette malattie con farmaci o con interventi invasivi, genera un considerevole numero di effetti collaterali conosciuti e non, dovuti all’immissione nel corpo di sostanze sintetiche estranee (farmaci) o a vere e proprie mutilazioni (chirurgia).



L'unica medicina veramente utile rimane quella di primo soccorso, quella traumatologica e poco altro.



La vera prevenzione invece sarebbe avere un’alimentazione sana, condurre uno stile di vita sereno, vivere in un ambiente il più salubre ed arieggiato possibile, fare lunghe passeggiate ed un attività fisica leggera, riposare, fare esercizi di respirazione, meditare, rilassarsi … etc ….



In caso di crisi acute di eliminazione di tossine (cosiddette malattie) lasciare che il tempo e la natura facciano il loro corso riposando, mangiando il meno possibile e soprattutto non ostacolando l’Autoguarigione.



Concludo con questa bella e provocatoria frase che secondo me si addice molto alla realtà attuale:

"Un medico è un uomo che viene pagato per raccontare fandonie nella camera del malato, sino a quando la natura non l'abbia guarito o i rimedi non l'abbiamo ucciso."

(A. Furetiére)

Felice Vita




La peste del ventunesimo secolo e le due medicine

La peste del ventunesimo secolo e le due medicine

Sonia Savioli si dedica alla terra da 27 anni; semina, raccoglie e ha compreso come la chimica non serva alle piante, anzi faccia danno. E le piante sono un po’ come guardarsi dentro, da un seme crescono la nostra biologia, i nostri equilibri, la nostra anima e i nostri corpi. Nemmeno a noi fa bene la chimica, conclude Savioli. E ci propone questa sua riflessione sull’importanza del terreno, sia quando è “terra” sia quando è “uomo”.

La peste del ventunesimo secolo e le due medicine

Uno dei grandi tabù del nostro tempo è la medicina “industriale”. Possiamo chiamarla così? Dato che è nelle mani di poche grandi industrie multinazionali, le quali condizionano le politiche sanitarie dei governi, le informazioni (e le menzogne) dei media ufficiali, le ricerche pubblicate (o non pubblicate) sulle riviste scientifiche ufficiali, i corsi universitari e l’ascesa o la caduta di carriere mediche, direi che possiamo chiamarla così.
La medicina industriale sta alla medicina naturale come l’agricoltura industriale sta all’agricoltura biologica. D’altra parte, ambedue si occupano di creature viventi: l’agricoltura e la medicina industriale unicamente per trarne profitto economico e, in ambedue i casi, il profitto principalmente della grande industria. L’agricoltura e la medicina naturale, escludono la grande industria (tutto ciò che è naturale pare essere incompatibile con la grande industria) e, benché chi ci lavora debba cercare di portarsi a casa la pagnotta, ambedue le attività hanno come presupposto filosofico, ideologico e morale, la necessità di mantenere o ripristinare la salute e la forza, l’equilibrio e il benessere delle creature a loro affidate.
La medicina e l’agricoltura industriale hanno presupposti e obiettivi completamente differenti: vogliono sterminare i nemici degli organismi di cui si occupano; organismi che considerano imperfetti, deboli e inetti; nemici che vedono nella natura che ci circonda e nella nostra stessa natura: virus, batteri e predisposizioni genetiche. Natura di cui facciamo parte, della cui sostanza siamo composti e ci nutriamo.
Virus e batteri che ricerca avidamente e combatte indefessamente (a furia di antibiotici somministrati anche per una sbucciatura al ginocchio, noi si diventa immunodeficenti e i batteri antibiotico resistenti).
“Koch aveva ragione: il microbo è niente, il terreno è tutto”, lo disse persino Pasteur, convertitosi alla realtà poco prima di morire.
Da ventisette anni semino, pianto, raccolgo e posso vedere con i miei occhi come la “medicine chimiche” non servano alle piante quando terreno e clima non sono adatti a loro. Grazie al cambiamento climatico e al riscaldarsi del pianeta, in questa zona già piuttosto arida di Toscana parecchi tipi di piante da frutto un tempo coltivati si sono estinti. Non sono serviti a nulla i pesticidi usati dagli agricoltori industrializzati. Il rimedio trovato dagli altri è stato quello di ricercare e piantare vecchie cultivar, specie più adatte a sopportare caldo, aridità, gelate più tardive. Piante più forti e rustiche, in grado di sopportare e difendersi.
La medicina industriale combatte la malattia attaccando ciò che all’interno del nostro organismi ci sta danneggiando, senza domandarsi il perché, senza occuparsi delle cause, senza valutare le conseguenze delle sue “cure”.
Al vertice della medicina industriale ci sono le grandi industrie multinazionali; quelle a cui dobbiamo colpi di stato, sfruttamento a livelli schiavistici nel terzo mondo e tentativi sempre più pressanti di importarlo anche in Europa, distruzione dei mari e delle terre, falsificazioni di ricerche scientifiche.
Per tali industrie della medicina ogni ammalato è un cliente, ogni sano è un cliente perso. Ma potenziale.
L’interesse di chi guadagna miliardi (e potere) distruggendo l’ambiente e la salute è di continuare a distruggere; l’interesse di chi guadagna miliardi (e potere) vendendo medicine è di non prevenire e di non guarire la malattia, ma di “curare” il cliente in modo che sopravviva (non importa come) il più a lungo possibile.
Come possono le industrie multinazionali voler eliminare le cause delle malattie? Nel novanta per cento dei casi sono loro le cause: i loro rifiuti tossici, i loro cibi industriali, i loro pesticidi irrorati nei campi e sui nostri cibi, i loro trasporti su gomma e per mare e per cielo che impestano l’aria e producono il riscaldamento globale, il loro petrolio e la loro plastica sparsi per ogni dove…
E come possono industrie multinazionali che prosperano economicamente, oltre che per merito di tutte queste cause di inquinamento e malattia, anche per merito di medicinali elargiti a malati cronici, che sono ormai la maggioranza dei malati, desiderare il proprio drastico ridimensionamento e la propria estinzione come industria globale? Perché questo comporterebbe “curare il terreno”.
Ed ecco a chi oggi ci affidiamo per mantenere o ripristinare la nostra salute; ecco perché il potere medico è tabù indiscutibile; ecco chi istruisce, consiglia, “aggiorna” i nostri medici curanti, i nostri pediatri.
La medicina è industria e merce e pretende di essere più che una scienza: una religione dogmatica e indiscutibile.
Secondo l’Associazione degli Anestesisti i morti per errori medici in Italia sono 14.000 l’anno (quattordicimila!). C’è chi contesta questo dato. affermando che sono molti di più, ma noi ci atterremo alla stima più bassa, dato che ci sembra già mostruosa. Eppure l’infallibilità di tale scienza rimane un dogma, metterla in discussione è tabù. I medici che ci si provano vengono ostracizzati, minacciati, diffamati, infamati. E così, se una buona percentuale di medici meno ottusi ha qualche dubbio, se lo tiene per sé.
I medici che scelgono le terapie naturali sanno che per loro le difficoltà saranno molto maggiori, i guadagni molto minori. Se poi scelgono di contestare la medicina industriale, vuol dire che sono degli eroici combattenti decisi a vender cara la pelle con il solo scopo di difendere un avamposto. In attesa di tempi migliori.
Primo, non nuocere.
Nel  quattordicesimo secolo in tutta Europa imperversò la peste. Morì la gran parte della popolazione, più nelle città che nelle campagne. In alcune città morì il 90% degli abitanti.
La peste è un batterio.
Batteri e virus sono apparsi sulla terra qualche miliardo di anni prima di noi, pare, e sono incommensurabilmente più numerosi di noi. Il buon senso e la logica dovrebbero dirci, e la medicina naturale ritiene, che qualsiasi organismo si sia sviluppato in seguito sul nostro pianeta non possa che essere in grado, in condizioni normali, di difendersi egregiamente da essi. Se e quando è necessario difendersi.
Lo scopo della medicina naturale, quando il nostro organismo non è in grado di reagire in modo efficace a un’eventuale attacco, dovrebbe essere quello di aiutarlo sì a difendersi, ma soprattutto di ripristinare l’equilibrio e la forza del nostro sistema immunitario, e di eliminare le cause che hanno portato a tale squilibrio.
E’ ovvio che un fitoterapeuta o un omeopata (né alcun altro tipo di medico) non possono ripristinare l’equilibrio e le “condizioni normali” a Taranto o a Caserta, a Porto Marghera o sotto una linea dell’alta tensione.
Questo era il compito della medicina preventiva, questo era il significato che le si dava negli anni ’60 e ’70, quando tanto se ne parlava: denunciare e combattere le cause delle malattie, le condizioni nocive di lavoro, l’inquinamento ambientale, l’avvelenamento dell’aria, dell’acqua, della terra.
Oggi per “medicina preventiva” s’intende che ti fanno una TAC perché hai mal di testa, senza nemmeno visitarti. Poi le scorie radioattive delle TAC vanno nella cava di Cerignola, alla faccia del prevenire.
Ma quali erano le “condizioni normali” nel quattordicesimo secolo in Europa?
La Civiltà Occidentale attraversava un periodo particolarmente fiorente e prospero. Infatti la borghesia cittadina si era ormai impadronita delle campagne e stava sviluppando a tutto spiano le forze produttive. I contadini non dovevano più produrre per il proprio sostentamento e per quello del padrone, come negli arretrati tempi feudali. Dovevano produrre per il padrone e per il commercio del padrone, e per sé stessi se ce la facevano. Il commercio del padrone, che adesso era un mercante della città, richiedeva un tale sviluppo della produzione, che molti contadini, non riuscendo a “svilupparsi” così in grande e così celermente, lasciavano le campagne e fuggivano nelle città. Dove potevano lavorare come operai e servi per gli stessi mercanti che li avevano affamati e sfruttati fino all’osso nelle campagne, o potevano mendicare e morire di fame.
Vi ricorda qualcosa? Un po’ più in grande, magari: oggi le nostre campagne sono i continenti del cosiddetto Terzo Mondo; abbiamo arraffato le loro terre, i contadini espropriati e affamati sono corsi a riempire le città vivendo nelle bidonvilles e lavorando per una scodella di riso, per un tozzo di pane nelle fabbriche che producono per conto delle multinazionali euro nordamericane. Ma non è che la storia si ripeta. E’ semplicemente la stessa storia di dominio che va avanti e si espande in Impero Globale.
Ma torniamo alla peste e vediamo se è tutta colpa del batterio.
Nella fiorente seconda metà del 1300 a Siena, per esempio, vivevano più di 50.000 abitanti. Come adesso. Adesso però il Comune di Siena occupa una superficie che si è moltiplicata di parecchie volte. Allora quei 50.000 e passa abitanti se ne stavano ammucchiati dentro le antiche mura di una città senza fogne né acquedotto. A Milano, all’interno delle mura medievali, c’erano 200.000 persone; a Firenze 120.000. In tutte queste città gli abitanti erano di parecchie volte superiori a quelli che adesso occupano lo stesso spazio. Tutti i loro escrementi quotidiani venivano gettati nelle strade, tutti i loro rifiuti di qualsiasi genere marcivano sotto il sole o si mischiavano alla pioggia colando per ogni dove. Sotto il sole estivo tutto marciva allegramente e la puzza della città si sentiva a chilometri di distanza.
C’è da meravigliarsi se gli umani di quei tempi e di quei luoghi attribuissero il contagio pestifero ai miasmi di quell’aria mefitica? Sicuramente respirarla non era salutare.
C’erano poi le concerie, le tintorie per i tessuti (l’industria e il commercio fiorivano): liquami che riempivano i  terreni intorno alle mura, percolavano nelle falde.
Migliaia di miserabili, che lavoravano in quelle tintorie e concerie, vivevano ammassati in tuguri che oggi in quelle stesse città sono utilizzati come sottoscala o cantine, dove non arrivava mai un raggio di sole, dove un’umidità fatta soprattutto di fetidi liquami impregnava suolo e muri. E pagavano una pigione.
In compenso i ricchi mangiavano carne tutti i giorni, ma i ricchi abitavano nelle città e la carne d’estate in quelle cloache ci metteva poco a imputridire. Anche per questo le spezie erano così preziose e i piatti del tardo medioevo così speziati.
Quello che il fatidico batterio trovò sul suo cammino furono quindi popolazioni stremate dalla fame e dallo sfruttamento. Trovò gente già mezza morta: di fame, di fatica, di putredine in cui viveva, dei cibi putridi che mangiava; oltre che di paura, disperazione, terrore e rabbia.
Perché la lotta di classe infuriava in tutta Europa, come appare logico, e infuriavano in tutta Europa le guerre del capitale per impadronirsi dei mercati.
Entrando in una di quelle “belle” città, calpestando immondizie ed escrementi in tutte le fasi di marcescenza e respirando i loro miasmi, sfiorando muri intrisi di umidità che non asciugava mai, c’era da meravigliarsi che gli abitanti fossero ancora vivi. Forse si stupì anche il batterio e decise che erano i posti giusti per darci dentro.
Morirono i poveri e morirono i ricchi. L’unico vero vantaggio della ricca borghesia era poter fuggire in campagna, nelle loro proprietà e domini: perché si vide subito che la peste aveva una preferenza spiccata  per le città in particolare, e poi per i borghi che erano città in miniatura.
Penso che oggi la nostra situazione abbia molte somiglianze con quella della Grande Peste.Anche se non buttiamo più orina ed escrementi e rifiuti in mezzo alle strade.  Tra parentesi: non si sa bene se la gente allora morisse tutti di un tipo di peste, di più tipi di peste, di più tipi di malattie.
I nostri rifiuti li buttiamo più in là, sono molto più pericolosi di quelli medievali, ci ritornano indietro comunque.
Cosa troverebbe allora il “nostro” batterio? Ammesso che riesca a sopravvivere ai “nostri” rifiuti: abbiamo fiumi batteriologicamente puri, zone di mare batteriologicamente pure, sicuramente anche terre batteriologicamente pure: i batteri non sopravvivono ai nostri rifiuti e liquami.
E infatti, mentre fino a 50-60 anni fa si moriva quasi esclusivamente per infezioni: polmonite, tifo, difterite, dissenteria e così via, oggi  in Occidente si muore soprattutto di malattie autoimmuni: le malattie autoimmuni sono quelle in cui il sistema immunitario attacca il proprio stesso organismo. Come se dall’organismo stesso venisse la minaccia.
Cancro, leucemia, sclerosi multipla, artrite reumatoide, colite ulcerosa, lupus eritematoso, asma allergica… Le malattie autoimmuni sono una reazione di difesa che cerca i nemici al proprio interno. Ma non è quello che fa anche la “medicina industriale”? Negli USA tagliano mammelle per prevenire il cancro.
Dunque non è certo del batterio che dovremmo preoccuparci, tanto più che coi nostri antibiotici sempre più micidiali (è indispensabile che lo siano, dato che ormai hanno selezionato batteri antibioticoresistenti) li sconfiggeremo certamente.
Ma forse di qualcosa dovremmo preoccuparci. Ci sono tanti tipi di peste.
La nostra peste magari nascerebbe dalle discariche di rifiuti tossici. Quelle illegali già scoperte costellano tutta l’Italia: Trentino, Brianza, La Spezia, Veneto, Toscana, Ciociaria, basso Lazio, Pescara, Molise, Campania, Puglia, Aspromonte, Crotone, Catania…. dai campi alle cave, dalle massicciate ferroviarie e stradali alle fondamenta di ospedali e scuole. Poi ci sono gli inceneritori e le tossiche ceneri che vengono mischiate con il cemento e con l’asfalto. E i cibi? Noi non mangiamo cibi putridi, magari qualcuno è anche batteriologicamente puro, come l’acqua clorata. Mangiamo cibi geneticamente modificati, plastificati, addizionati di sostanze chimiche, imbevuti dei veleni dell’agricoltura industriale, raffinati fino a perdere ogni sostanza.
Nelle città respiriamo gas di scarico, cioè benzina bruciata.
I bambini di oggi, nella forsennata lotta della Medicina Industriale contro virus e batteri,  rischiano di ricevere fino a 40 vaccinazioni prima di diventare adulti.
Sui vaccini i pareri tra le due medicine sono discordi (come su quasi tutto). La medicina naturale li considera, nel migliore dei casi, un rischio per l’efficienza e l’equilibrio del sistema immunitario. Se avesse ragione, dopo le 30 o 40 vaccinazioni il sistema immunitario sarebbe come un pugile suonato.
E in ultimo, per dare il colpetto di grazia, sono arrivati i telefoni cellulari: pochi giorni fa l’associazione dei pediatri ha sconsigliato i telefonini per i bambini sotto i dieci anni. Alla buon'ora!
Perché cuociono i loro teneri cervelli. I cervelli adulti sono un po’ più coriacei e ci vuole più tempo per la cottura.
In Italia i tumori infantili aumentano del 2% all’anno.
In Italia ci sono 57.000 ammalati di sclerosi multipla, 1800 in più ogni anno; la sclerosi multipla si manifesta perlopiù tra i 29 e i 33 anni; paesi record sonoUSA e Canada.
Gli ammalati di artrite reumatoide sono in Italia 330.000, la maggior parte tra i 35 e i 40 anni; 100.000 giovani, soprattutto tra i 15 e 30 anni sono ammalati di colite ulcerosa o del Morbo di Crohn.
Ecco cosa troverebbe oggi il nostro batterio: un’umanità avvelenata, debilitata, isterilita, la cui salute è minacciata da tutto ciò che fa, che respira, che beve, che mangia e, nell’accelerata fulminea del progresso, anche da ciò che ascolta e che fa frizzare cervello, timpani, nervi acustici e bulbi oculari.
Le avvisaglie della prossima peste, batterio o non batterio, ci sono tutte, comprese la paura, la frustrazione, la disperazione che colpisce soprattutto le giovani generazioni.
Cosa aspettano allora i medici?Cosa dovrebbe fare oggi una categoria di persone che per mestiere ha scelto di occuparsi della salute umana, di fronte alle minacce all’ambiente che mettono in discussione la vita intera? Di fronte a uno stile di vita autodistruttivo? Non toccherebbe a loro lanciare l’allarme alla collettività, alle istituzioni e anche ai singoli pazienti? Interrogare e interrogarsi, denunciare, combattere, prendersi le responsabilità che competono al medico: anche di fronte agli interessi delle grandi industrie, comprese quelle farmaceutiche.
Quanto perderà di fiducia e credibilità la categoria dei medici, quanto sarà vista con sospetto e disprezzata, se viene meno al suo ruolo in questa battaglia?
E quanto invece potrebbe fare di buono, di utile, di importante, usando la sua scienza e la sua autorevolezza per preservare, prevenire, riconquistare la salute degli esseri umani, che non può prescindere da quella della terra che abitiamo e che ci dà da vivere.

 

lunedì 12 febbraio 2018

venerdì 9 febbraio 2018

Panleucopenia felina


Panleucopenia, virus felino


PANLEUCOPENIA FELINA

PANLEUCOPENIA FELINA



Descritta sin dagli anni ’30, la Panleucopenia Felina è una malattia infettiva del gatto, sostenuta da

Parvovirus. Presenta alta contagiosità ed elevata letalità nei giovani ed è caratterizzata da un’intensa

leucopenia (riduzione del numero di globuli bianche circolanti), accompagnata da forti enteriti.

EZIOLOGIA


I Parvovirus, così chiamati per le loro piccolissime dimensioni, presentano una stretta omologia con i virus

responsabili dell’enterite del visone e della parvovirosi del cane: la loro omologia genetica raggiunge il 98%.

Tuttavia, il progenitore dei diversi stipiti viene riconosciuto nel virus del gatto, dal quale, in seguito a

modificazioni genetiche, si sono avuti più ceppi, ognuno adattato ad una specie diversa: prima al visone e

dopo anche al cane.

I parvovirus sono virus molto resistenti, tanto da resistere per 1 ora a 60°C e fino a 6 mesi nelle feci a

temperatura ambiente.

Il loro spettro “in vivo” è rappresentato principalmente dal gatto e dai felidi selvatici (leopardo, tigre, pantera

e leone); sperimentalmente, però, può infettare anche il visone ed il furetto neonato.

“In vitro”, invece, questo virus cresce bene su cellule di origine felina, di visone, di furetto e di rene di gatto,

dando un effetto citopatico con formazione di corpi inclusi.

PATOGENESI


L’infezione si contrae per via oro-nasale. La replicazione del virus avviene nel sangue (fase di viremia),

nell’oro-faringe, nelle cellule staminali del midollo osseo, nei villi intestinali (con successiva propagazione

nella mucosa dell’intestino tenue, soprattutto in digiuno ed ileo) e, essendo soprattutto virus linfotropi, anche in

altri organi linfoidi. Inoltre, l’infezione si può riscontrare anche a livello del fegato, del pancreas e del rene, in cui

permane anche dopo la guarigione.

Durante la fase di viremia, in caso di gravidanza, si può avere anche il passaggio al feto con replicazione

nelle cellule del Purkinje del cervelletto e della retina. Ciò può avere differenti conseguenze: riassorbimento

embrionale, mummificazione fetale, aborto, nati-mortalità, mortalità neonatale, nascita di gattini già infetti o

con difetti congeniti, cui seguirà la morte.

EPIDEMIOLOGIA


La fonte più importante di contagio è rappresentata dalle feci di animali infetti in forma acuta, poiché il virus

è molto resistente al calore, e dalle urine di animali infettati anche tempo addietro, in quanto l’escrezione del

virus con le urine continua per lungo tempo. Si può avere l’escrezione del virus anche da parte di gatti che

non presentano sintomi (soggetti con forme asintomatiche, soggetti convalescenti o gattini infettatisi in

utero).

Un’ulteriore possibilità di contagio sarebbe forse rappresentata dalla trasmissione dell’infezione tramite

vettori passivi, cioè attraverso pulci a loro volta infettatesi da gatti viremici.

ASPETTI ANATOMO-CLINICI (box)


Forma Gastro-Enterica: acuta nei giovani, può essere subclinica o paucisintomatica negli adulti,



perché l’età dell’animale infetto è inversamente proporzionale alla gravità della malattia. I primi

sintomi compaiono dopo 4-6 gg e sono rappresentati da febbre, anoressia, vomito, diarrea

emorragica, dolori addominali, sfaldamento dell’epitelio intestinale, disidratazione, squilibri

elettrolitici e marcata leucopenia, conseguenza dell’attività litica avvenuta nei linfonodi e nel

midollo osseo. E’ importante sottolineare che più la leucopenia è marcata e minori sono le possibilità

di salvare l’animale. Le lesioni più frequenti sono le seguenti: splenomegalia (ingrossamento

patologico della milza), congestione di digiuno ed ileo, liquefazione del midollo osseo, iperplasia,

edema ed emorragie dei linfonodi (soprattutto addominali).

Forma Nervosa: si può avere a seguito dell’infezione contratta dal gattino o in gravidanza o entro i



primi 8 giorni dalla nascita. In questa fase, infatti, il virus va a replicarsi nello strato germinativo del

cervelletto, provocando ipoplasia della corticale del cervelletto. Ciò provocherà atassia cerebellare,

tremori e deambulazione barcollante, tutti sintomi che diverranno evidenti solo con la crescita del

soggetto.

DIAGNOSI di LABORATORIO (box)


Leucopenia: fino a 100 leucociti per millimetro cubo di sangue. Se grave, la prognosi sarà infausta.

Isolamento del Virus: su colture cellulari o mediante tecniche biomolecolari su tessuti infetti (per



esempio, tramite l’Immunofluorescenza Diretta).

Sierologia: tramite tecniche di Sieroneutralizzazione ed Inibizione dell’Emoagglutinazione, con cui



si può valutare, nel sangue del soggetto in esame, la presenza di anticorpi diretti contro il virus. Per

la notevole diffusione del virus e la frequenza della vaccinazione, è consigliato un doppio prelievo di

sangue, in modo da poter avere un risultato attendibile e non un falso positivo.

PROFILASSI VACCINALE


Comunemente si usano sia vaccini attenuati, che inattivati. I primi sviluppano una risposta anticorpale rapida

e sono utili nel caso di soggetti a rischio, ma non nel caso di femmine gravide o di gattini sotto le 3 settimane

di età; i secondi, invece, essendo più sicuri, sono i più utilizzati, anche per evitare possibili incrementi di

biotipi virali.

La formula vaccinale, in genere, è la seguente: 2 interventi a distanza di 3 settimane a partire dalle 10

settimane di età, con richiami annuali almeno nei primi anni di vita del gattino. Si può intervenire spesso con

le vaccinazioni proprio perché il vaccino è inattivato e dà una buona immunizzazione di base; in seguito,

diminuirà il rischio con l’aumentare dell’età.


Panleucopenia Felina

Animali da compagnia/Panleucopenia Felina

L’infezione che uccide i gattini

La fonte più importante di contagio è rappresentata dalle feci e dalle urine di animali infetti in forma acuta. Ma anche ga tti convalescenti o gatti che non presentano sintomi possono diffondere l'infezione nell'ambiente, essendo portatori sani del virus
Descritta sin dagli anni 30, la Panleucopenia Felina è una malattia infettiva del gatto, sostenuta da un piccolo virus, per questo detto «Parvovirus». È molto contagiosa e spesso porta a morte numerosi cuccioli. I sintomi principali sono a carico del sangue, in cui diminuisce il numero di globuli bianchi, e dell'intestino, che si presenta molto infiammato.
Le cause
I Parvovirus del gatto sembrano essere fortemente imparentati con i Parvovirus del cane e del visone. Sono virus molto resistenti al calore e in grado di sopravvivere per mesi nell'ambiente.
Colpiscono soprattutto il gatto ed i suoi cugini selvatici, come i leopardi, le tigri, le pantere ed i leoni. In laboratorio, invece, si è riusciti ad infettare anche visoni e piccoli furetti.
L'infezione
L'infezione si contrae o per ingestione o per inalazione del virus. La replicazione del virus avviene nel sangue, nella bocca, in faringe, nel midollo osseo e nell'intestino. Ma il virus si può riscontrare anche a livello del fegato, del pancreas e del rene, in cui permane anche dopo la guarigione dell'animale.
In caso di gravidanza, il virus può passare al feto attraverso il sangue della madre, andando ad attaccare gli abbozzi embrionali di cervelletto e retina, con conseguente aborto o riassorbimento embrionale. Se, invece, i gattini riescono a nascere, molto spesso risultano già infetti e portatori di difetti congeniti, che ne causeranno la morte.
Come si diffonde
La fonte più importante di contagio è rappresentata dalle feci e dalle urine di animali infetti in forma acuta. Ma anche gatti convalescenti o gatti che non presentano sintomi possono diffondere l'infezione nell'ambiente, essendo portatori sani del virus.
Un'ulteriore possibilità di contagio sarebbe forse rappresentata dalla trasmissione dell'infezione tramite vettori, cioè attraverso pulci che, durante un pasto di sangue su un gatto infetto, abbiano ingerito il virus.
Il vaccino
Comunemente si usano vaccini allestiti sia con virus attenuati, sia con virus uccisi.
I primi sviluppano rapidamente un grande numero di anticorpi, motivo per cui sono molto utili nel caso di soggetti a rischio, ma non nel caso di femmine gravide o di gattini sotto le 3 settimane di età; i secondi, invece, essendo più sicuri perché il virus è del tutto inattivato, sono i più utilizzati.
Di solito si vaccina così: 2 interventi a distanza di 3 settimane a partire dalle 10 settimane di età, con richiami annuali almeno nei primi anni di vita del gattino. Poi, con l'aumentare dell'età del gatto, diminuirà il rischio di contrarre l'infezione.
Maurizia Pallante

Panleucopenia felina: cos'è, cosa fare


Panleucopenia felina: cos'è, cosa fare


22 giugno 2011 alle ore 16:18

Panleucopenia cos'è, cosa fare

La panleucopenia o gastroenterite infettiva e' una malattia virale che ogni anno uccide migliaia di cuccioli nei rifugi e dove si fanno stalli di gattini.

Specialmente nei gattili è tra le principali cause di morte dei gattini. L'osservanza della quarantena, di rigide norme igieniche e la vaccinazione sono i principali strumenti che abbiamo per combatterla.

Si tratta di una forma virale che puo' avere un decorso brevissimo, che puo' uccidere in meno di 24 ore... e quando l'infezione e' in atto possiamo fare ben poco.

Possiamo pero' fare qualcosa di importante in termini di protocolli vaccinali e sopratutto in termini di prevenzione.

La panleucopenia e' una malattia fortemente infettiva e per questo e' fondamentale adottare tutte le norme igieniche e gli accorgimenti per evitare che una cucciolata infetta possa contagiare le altre. Osservare alcuni banali accorgimenti puo' evitare, o ridurre il rischio di contagio in modo significativo.

In questo pieghevole abbiamo cercato di sintetizzare le informazioni piu' importanti per conoscere, sapere intervenire e sopratutto prevenire e limitare la diffusione del virus della panleucopenia.

Facciamo in modo che il nostro impegno per toglierli dalla strada e dargli una casa non sia reso vano...

Di seguito vi proponiamo il testo del pieghevole; la versione stampata la potete richiedere tramite AgireOra Edizioni

Panleucopenia: cos'e', chi puo' essere contagiato

La panleucopenia, conosciuta anche come gastroenterite infettiva, e' una malattia virale contagiosa e spesso mortale, causata da un parvovirus (FPV).

Il virus può infettare qualsiasi gatto non vaccinato ma colpisce principalmente i gatti con meno di 1 anno di età: il più alto tasso di mortalità si ha nei gattini di età compresa fra 3-5 mesi. Non è pericoloso né per i cani né per l’uomo.

Come si trasmette

Il virus è eliminato soprattutto con le feci. E’ presente anche in urina, saliva, sangue, secrezioni nasali, vomito. L’infezione avviene per via oro-nasale, per contatto diretto con un gatto infetto o con materiale infetto presente nell’ambiente. Periodo di incubazione: 2-17 giorni.

  • Il virus causa contaminazione ambientale: è resistente ai comuni disinfettanti e può sopravvivere a lungo nell’ambiente (oltre 1 anno). Gabbie, ciotole, lettiere, qualsiasi oggetto contaminato come vestiti, mani e scarpe degli stessi operatori possono veicolare il virus e causare la trasmissione della malattia.
  • I gatti sono infetti 2-3 giorni prima di manifestare i sintomi clinici e continuano ad eliminare il virus nell’ambiente fino a 6 settimane dopo la guarigione clinica.

Sintomi

  • Febbre, inappetenza, abbattimento, disidratazione, vomito, diarrea (spesso emorragica), dolore addominale, ittero. I gatti solitamente muoiono per grave disidratazione, infezioni batteriche (setticemia) e disturbi coagulativi secondari.
  • Nelle forme iperacute la morte può sopraggiungere in 12-24 ore e, a causa della rapida progressione della malattia, non si osservano i sintomi gastroenterici ma solo grave depressione, diminuzione della temperatura e dolore addominale. Sono possibili morti improvvise, soprattutto nei neonati e nei gattini.
  • Sintomi neurologici (atassia, incoordinazione, tremori,…) e retinopatia in gattini con meno di 4 settimane di età o nati da gatta infettatasi nelle ultime fasi di gravidanza.
  • Aborto, riassorbimento o mummificazione fetale se la gatta si infetta nelle prime fasi della gravidanza.

Diagnosi

La diagnosi è emessa sulla base di storia e segni clinici ed analisi di laboratorio:

  • Emocromo: spesso è presente un forte abbassamento dei globuli bianchi (soprattutto neutrofili, talvolta anche linfociti). E’ possibile anemia e diminuzione delle piastrine. Ulteriori alterazioni: abbassamento delle proteine, dell'albumina e della glicemia, alterazioni elettrolitiche (soprattutto diminuzione del potassio). Innalzamento degli enzimi epatici, della bilirubina e dell’azotemia. Possibili alterazioni nei parametri coagulativi.
  • Test rapidi per la ricerca dell’antigene del virus nelle feci: si possono usare sia i test specifici per la ricerca del parvovirus felino sia i test per la ricerca del parvovirus del cane. Va ricordato che il virus è determinabile nelle feci con questi kit soprattutto nelle prime 24-48 ore dopo l’infezione.
  • PCR per la ricerca del virus nelle feci e/o nel sangue intero. Questo test si può effettuare anche sui tessuti in sede di autopsia per poter individuare la presenza del virus nei gattili e, quindi, rafforzare le misure di prevenzione.

Terapia

Non indugiare! Va iniziata il prima possibile, portando i gatti sospetti in una struttura attrezzata.

  • Terapia di sostegno: fluidoterapia (flebo) con integrazione di elettroliti e vitamine del complesso B; antibiotici; controllo del vomito; trasfusione, se necessaria. Le terapie vanno effettuate preferibilmente per via endovenosa.
  • Terapia antivirale: interferone omega felino

Vaccinazione

Il vaccino contro la panleucopenia è compreso nei cosiddetti vaccini trivalenti o CRP. Attenzione che ne esistono di due tipi: quelli "a virus vivi modificati" (o attenuati) e quelli "inattivati" (o spenti).

  • Tutti i gatti devono essere vaccinati.
  • Gattini:
    • Si consiglia una prima vaccinazione a 8-9 settimane di età seguita da una seconda vaccinazione 3-4 settimane più tardi (ad un minimo di 12 settimane di età). La vaccinazione di richiamo va effettuata a distanza di 1 anno e poi ad intervalli di 3 anni.
    • In situazioni ad alto rischio (gattili) è possibile iniziare a vaccinare a 4-6 settimane di età (in questo caso utilizzare solo vaccini inattivati): le vaccinazioni andrebbero ripetute ogni 3-4 settimane fino all’età di 16-20 settimane.
  • Gatti adulti di cui non si conosce lo stato di vaccinazione: possono ricevere una sola vaccinazione (preferibilmente con vaccino a virus vivo modificato) seguita da un richiamo dopo 1 anno; i richiami successivi possono essere effettuati a intervalli di 3 anni.
  • Gatte gravide: non dovrebbero essere vaccinate. In caso di necessità utilizzare solo vaccini inattivati.
  • Gatti FeLV-positivi e FIV-positivi: è consigliato l’uso di vaccini inattivati.

Quando vaccinare

I gatti vanno vaccinati quando sono in buona salute. Vaccinando animali ammalati o in fase di incubazione si rischia di "distrarre" il sistema immunitario lasciando così campo all'agente patogeno; inoltre, in un animale malato la risposta immunitaria indotta dal vaccino può essere diminuita e, quindi, si ha una minore efficacia protettiva.

  • Evitare di vaccinare animali stressati (es. trasloco, primo periodo di ambientamento) in quanto la risposta immunitaria non sarà ottimale.
  • Effettuare preventivamente la cura per i parassiti (vermi intestinali e parassiti esterni).

In condizioni di forte rischio di infezione spetta al veterinario valutare, caso per caso, il rapporto rischio-beneficio della vaccinazione.

Norme igienico-sanitarie

I gatti/gattini appena arrivati vanno posti in quarantena (almeno 15 giorni) e vaccinati. Non vanno messi a contatto con gli altri gatti finchè non sono trascorse 2 settimane dall’ultimo richiamo previsto dal protocollo vaccinale.

In questo periodo osservare - strettamente - le seguenti norme igienico-sanitarie.

Possono sembrare "costrittive", ma ricordate che questi accorgimenti sono lo strumento principale per evitare loro i rischi di una infezione spesso mortale.





  • Non mettere MAI a contatto cucciolate di diversa provenienza. I gattini vanno tenuti in gabbia
  • MAI scambiare lettiere, palettine per pulitura (meglio usare carta assorbente e non sabbietta), ciotole, cibo, coperte, giochi, oggetti vari tra cucciolate.
  • I gatti/gattini vanno maneggiati il meno possibile. Ricordiamo che vestiti, mani e scarpe degli operatori possono veicolare il virus. E’ bene lavarsi sempre le mani con acqua e sapone e indossare guanti monouso (camici e sovrascarpe, se possibile) che vanno cambiati nel passaggio da una cucciolata all'altra.
  • Se fate “stalli” tenete i gattini in gabbia o in locali facilmente disinfettabili. Se i vostri gatti sono vaccinati, per loro non c'e' pericolo ma puo' esserci per i prossimi gatti non vaccinati che accoglierete.
  • I gatti guariti dalla panleucopenia devono essere posti in quarantena per 6 settimane oltre la guarigione clinica.
  • Non tenere nella stessa stanza cuccioli di cane e di gatto: alcune varianti del parvovirus del cane possono causare la panleucopenia nel gatto.

Disinfezione

Il virus della panleucopenia è un virus resistente (sopravvive 1 anno nel materiale organico a temperatura ambiente): è ucciso da una soluzione di ipoclorito di sodio al 6%. Alcool, derivati dell’ammonio quaternario e clorexidina non sono efficaci.

L'ipoclorito di sodio al 6% si trova in farmacia (si acquista al 15% e poi si diluisce con acqua in proporzione 1:2), ma va usato con attenzione poichè a queste concentrazioni è tossico ed irritante per la cute, gli occhi e le vie aeree: usare sempre guanti, mascherina e mantenere l’ambiente aerato. In alternativa si può usare la normale candeggina reperibile in commercio senza diluirla. Lasciare agire per 5-6 ore prima di risciacquare.

Prima della disinfezione, rimuovere bene i residui organici.





In caso di panleucopenia

  • Pulire e disinfettare ogni oggetto (lettiere, ciotole, gabbie,…) e l’ambiente (pavimenti, superfici, ecc) con candeggina. Utilizzare degli "spruzzini" per raggiungere tutti gli angoli, specie sulle gabbie.
  • Eliminare tutti gli oggetti non disinfettabili (copertine, cucce e giocattoli in stoffa, ecc)

Se avete un gatto che ha avuto la panleucopenia

  • Se un gatto ha avuto la panleucopenia ed e' guarito, ricordate che puo' eliminare il virus per 6 settimane dopo la guarigione clinica: quindi, per questo periodo, non puo' essere affidato a persone che hanno gatti non vaccinati.
  • Se avete avuto un gatto con panleucopenia (deceduto o guarito) non accogliete altri gatti prima che siano trascorse 2 settimane dall’ultimo richiamo previsto dal protocollo vaccinale.

Ricordate

La panleucopenia, specialmente nei gattili, è tra le principali cause di morte dei gattini. L'osservanza della quarantena, di rigide norme igieniche e la vaccinazione sono i principali strumenti che abbiamo per combatterla.

Consulenza scientifica:

  • Dott. Stefano Bo medico Veterinario, Dottore di ricerca in Medicina Interna Veterinaria, past-Presidente della Societa' Italiana di Medicina Felina, Torino
  • Dott.sa Paola Cavana medico Veterinario, Dottore di ricerca in Scienze Cliniche Veterinarie, Membro della Societa' Italiana di Medicina Felina, Torino















FONTE: http://www.lacincia.it/info_panleuco.php